a cura di Manuela Rossini

Nel corso del XX secolo i problemi relativi allo stato di salute psicofisica del lavoratore e legati alla frequenza degli infortuni hanno costituito il primo passo affinché si prendesse in considerazione non solo l’organizzazione del lavoro, ma anche la sua ricaduta sugli attori del processo lavorativo. L’interesse alla salute sul lavoro è andato evolvendosi verso un ambito più ampio che considerasse aspetti legati alla salute biologica e psicologica, ma anche a criticità legate al confronto-raffronto con l’ambiente lavorativo. C’è stato uno spostamento dal focus sulla prevenzione degli infortuni alla conservazione della salute e ha preso piede quello che oggi chiamiamo benessere organizzativo. Infortunio o malattia non sono un fatto a se stante, ma vengono considerati come un’interruzione della continuità del proprio stato di equilibrio naturale. Questa diversa concezione della salute ha portato a politiche attive volte al miglioramento e alla conservazione del benessere fisico e psichico. Si è passati da una semplice cultura della sicurezza ad una cultura della salute all’interno dell’organizzazione ponendo maggiore attenzione ad un bilanciamento ottimale tra vita lavorativa e vita privata. In questo modo si è venuta a creare una nuova cultura, ovvero l’importanza, per la salute nelle organizzazioni, di aspetti quali il clima e la cultura organizzativa.

L’importanza del clima aziendale

Avallone e Bonaretti hanno definito il benessere organizzativo come “la capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione”[1]. Con clima organizzativo si intende l’atmosfera che circonda l’azienda, il livello di motivazione, il senso di appartenenza e di impegno che si riscontrano tra i dipendenti. Esso rappresenta le percezioni dei dipendenti riguardo l’organizzazione: è una qualità interna dell’organizzazione stessa che viene sperimentata dai suoi dipendenti e che ne influenza il comportamento. Il clima aziendale è importante perché ha un impatto sulle performance lavorative, sulle relazioni tra i colleghi, addirittura sulla capacità di concentrazione dei singoli e dei team, ma allo stesso tempo è a sua volta influenzato dalla condivisione della cultura organizzativa da parte dei dipendenti. Il clima diventa quindi un tema centrale nell’analisi della salute di un’organizzazione, è condiviso dai suo membri, si compone di percezioni e rappresentazioni cognitive, è relativamente stabile nel tempo, è capace di influenzare i comportamenti e può essere usato dai lavoratori stessi come base per interpretare le situazioni e i cambiamenti che sopraggiungono.

La cultura aziendale, intesa come insieme di valori, convinzioni e comportamenti che guidano l’azienda stessa, ha un’importanza vitale perché ha un impatto determinante sulla motivazione dei singoli lavoratori. La motivazione è l’input che porta un individuo a compiere o tendere verso una determinata azione. In particolare, essa aumenta quando è chiaro il significato ultimo delle azioni, quando lo sforzo individuale contribuisce a creare un valore più grande. David Packard in un suo discorso ai manager nel 1960, affermava che le aziende esistono per “fare qualcosa che sia degno di valore, contribuire alla società”[2].

Da dove deriva la motivazione aziendale?

Nonostante le numerose ricerche a supporto della correlazione tra mentalità positiva ed efficacia professionale, la felicità è un fattore totalmente trascurato da molte aziende perché il divertimento è spesso visto come un ostacolo alla concentrazione e al rendimento lavorativo, non come un acceleratore. Eppure, uno studio di Gallup Healthways del 2008[3] ha dimostrato che i dipendenti di un’organizzazione che registrano bassi livelli di soddisfazione rispetto alla propria vita si assentano dal lavoro 1,25 giorni in più rispetto agli altri. Il che si traduce in un calo di produttività misurabile in 15 giorni all’anno. Dalla letteratura in ambito Happiness Management e Positive Organization, emerge che le aziende che considerano la felicità dei loro dipendenti come una priorità strategica sono in grado di realizzare una maggiore produttività e hanno un miglior rendimento economico. Di recente Microsoft ha sperimentato nella sede di Tokyo la settimana lavorativa di 4 giorni su 2.300 dipendenti e il risultato è stato un aumento di produttività del 39,9% ma è anche il caso di Tower Paddle Boards, l’azienda che ha accorciato l’orario di lavoro ad appena 5 ore giornaliere, con una crescita degli introiti del 40%[4]. Soldi e carriera non sono sufficienti ad assicurare coinvolgimento e motivazione: accanto ai benefits che lavorano sulla soddisfazione dei bisogni, le aziende introducono la cura delle persone offrendo opportunità di formazione, sviluppo personale e culturale, non solo tecnico; sono attente al clima che si respira in azienda, favorendo e coltivando rapporti interpersonali basati su comprensione, rispetto, gentilezza, supporto e sinergia.

In una ricerca dal titolo “What the World’s Young People think and feel”[5] emerge come la Generazione Z (nati tra il 1996 e il 2000) mette la felicità al centro di tutto. Per i giovani i fattori che determinano la felicità sono soprattutto le relazioni umane con amici e famiglia ma anche il sentirsi soddisfatti nello studio e nel lavoro (risposta dell’89% degli intervistati). Se i Millennials sono ancora disposti a sacrificare la loro vita per le necessità aziendali, la Generazione Z sembra molto più concentrata sul proprio benessere e questo lancia una sfida alle aziende: per attirare i talenti migliori devono organizzarsi per offrire loro un ambiente di lavoro sereno. La felicità in azienda diventa quindi un prezioso alleato anche nella prevenzione e gestione dello stress, oltre che una forte spinta a raggiungere gli obiettivi professionali. La felicità può spingere al massimo le persone e generare risultati per il business a patto però che sia considerata una priorità strategica.

Come promuovere il benessere organizzativo?

La rilevazione del clima e del benessere organizzativo risulta essere un intervento molto importante che fornisce all’azienda un indicatore sociale interno, fornendo al management un quadro aggiornato sulle percezioni del personale, utile per poter comprendere eventuali problematiche emergenti e per poter intervenire rapidamente. Il vissuto dei lavoratori sia come singoli sia come gruppo non è da sottovalutare.

Il punto di partenza è l’investimento nella cultura organizzativa, in formazione continua, in un ambiente motivante con occasioni di condivisione e supporto tra i dipendenti. Una scelta non solo valoriale ma anche strategica, per aumentare la brand awareness, le opportunità di crescita, adottando comportamenti proattivi per le sfide attuali e future.

PEOPLEwellBe mette in atto diversi progetti con i quali propone nuove pratiche volte a migliorare la promozione del benessere sul luogo di lavoro. Le buone pratiche sono le seguenti:

Quando il lavoratori possono agire in un contesto positivo e incoraggiante, riescono a gestire incarichi anche complessi, senza che questo incida sulla loro motivazione.

RIFERIMENTI:

[1] Avallone, F., Bonaretti, M. (2003). Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche. Soveria Mannelli, Rubbettino Editore Srl.

[2] https://blog.insideout-training.it/benessere-organizzativo-come-facilitarlo-e-diffonderlo-in-azienda

[3] https://blog.insideout-training.it/benessere-organizzativo-come-facilitarlo-e-diffonderlo-in-azienda

[4] https://www.secondowelfare.it/aziende/chief-of-happiness-la-felicit-entra-negli-organigrammi-aziendali.html

[5] https://www.secondowelfare.it/aziende/chief-of-happiness-la-felicit-entra-negli-organigrammi-aziendali.html

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