a cura di Manuela Rossini

La scoperta del nuovo coronavirus, identificato per la prima volta a Wuhan, Cina nel Dicembre 2019 e la sua rapida diffusione nel mondo, ha costretto la popolazione mondiale a pianificare nuovamente e repentinamente le abitudini, gli stili di vita e la quotidianità.

La rapidità di diffusione del virus ed i conseguenti effetti drammatici sulla salute delle persone hanno obbligato le autorità a predisporre misure di sicurezza severe, volte a contrastare l’espansione del COVID-19.

Recenti ricerche (Brooks S., et al., 2020) dimostrano che un periodo prolungato di quarantena è gravosa per la maggior parte della popolazione che la subisce; la separazione dai propri cari, la perdita della libertà, l’incertezza sullo stato di salute e la noia possono produrre effetti drammatici.

Prove che testimoniano gli effetti negativi di un prolungato periodo di isolamento sulla salute psicologica delle persone, sono emerse a seguito di ricerche svolte durante le epidemie di SARS nel 2003 e di Ebola nel 2014. Uno studio condotto da Bai e colleghi nel 2004, ha rivelato che la quarantena rappresentava il fattore maggiormente predittivo dello sviluppo di sintomi del disturbo acuto da stress. In aggiunta il personale ospedaliero che aveva dovuto sottostare alla misura restrittiva, dichiarò con una maggiore e significativa frequenza sintomi di stanchezza, distacco dagli altri, ansia di stare in contatto con pazienti febbrili, irritabilità, insonnia, scarsa capacità di concentrazione, indecisione, peggioramento delle prestazioni lavorative, riluttanza a lavorare o a considerare le dimissioni.

A pochi anni di distanza uno studio (Wu P.,et al., 2009), ha confermato questo dato e ha rivelato che la disposizione della quarantena rappresenta un fattore predittivo di sintomi da stress post-traumatico anche a distanza di tre anni. Altri studi quantitativi hanno preso in esame solo soggetti che avevano trascorso un periodo in quarantena ed è emersa la prevalenza di: disturbi emotivi, depressione, stress, irritabilità, insonnia, rabbia ed esaurimento emotivo (Lee S., et al., 2005; Weiss et al.,1997; Mihashi M. et al., 2009; Hawryluck L. et al.,2004). In aggiunta a questo dato, è emerso che a distanza di mesi dalla quarantena, le persone continuavano ad adottare misure di prevenzione attraverso l’evitamento di specifiche situazioni come il distanziamento da persone che tossivano o starnutivano, evitare luoghi chiusi e affollati o spazi pubblici (Reynolds DL et al., 2008).

Quali sono state le fonti di maggiore stress e disturbi emotivi?

I fattori che sembrano avere un maggiore impatto psicologico sembrano essere:

  • La durata della quarantena
  • La perdita di potere economico
  • Lo stigma derivante dalla malattia
  • La mancanza di forniture essenziali

Le categorie che risentono di un impatto psicologico più grave e duraturo durante dopo la quarantena sono le persone con una pregressa storia psichiatrica e gli operatori sanitari; ciononostante non esistono dati univoci sugli indicatori in grado di predire gli effetti delle misure restrittive sul benessere psicologico dei soggetti.

Nel complesso, la revisione, messa a punto da Brooks e colleghi, suggerisce che l’impatto psicologico della quarantena è di vasta portata e può perdurare nel tempo.

Nonostante la quarantena sia strettamente necessaria, privare le persone della loro libertà per il bene comune può essere controverso, pertanto, deve essere gestito con strumenti adeguati, ad esempio fornendo strategie di fronteggiamento spiegando cosa sta succedendo e perché, spiegando quanto tempo continuerà, fornendo attività significative da svolgere durante la quarantena, fornendo una comunicazione chiara, assicurando la disponibilità di forniture di base (come cibo, acqua e presidi medici) e rafforzando l’altruismo.

Come gestire le emozioni?

La paura, la preoccupazione, le incertezze e i fattori di stress costanti nella popolazione durante la pandemia di coronavirus possono produrre effetti negativi a lungo termine: è necessario, pertanto gestire la disregolazione delle emozioni, ossia la perdita di controllo, l’interruzione della stabilità interna e la capacità di contemperare la reazione automatica. L’approccio psico-neuro-endocrino-immunologico ha dato evidenza di come stress, ansia e depressione siano in grado di portare ad infiammazione organica e disregolazione omeostatica dell’organismo, indebolendo il sistema immunitario e favorendo l’insorgere di patologie.

Sulla base degli elementi a disposizione, gli scienziati propongono quattro strategie di intervento:

1) Creare reti di team multidisciplinari al fine di fornire assistenza e supporto alla comunità;

2) Comunicare in modo chiaro, solerte rispetto al reale stato di allerta e delle misure di contenimento;

3) Creare piattaforme ICT-IoT per garantire un servizio di supporto psicologico online;

4) Effettuare valutazioni periodiche al fine di diagnosticare ed intervenire quanto prima su sintomi di ansia e depressione clinicamente rilevanti.

Ad oggi, i mezzi di comunicazione telematici sono strumenti fondamentali per la divulgazione delle informazioni e, contemporaneamente potenzialmente dannosi data la presenza sul web di fake news- ovvero notizie false, senza alcun fondamento fattuale e notizie confondenti, orientate ad enfatizzare la risonanza di dati negativi.

Sommergere le persone di informazioni non fondate, può fomentare le paure preesistenti, instillarne di nuove e diffondere allarmismi. E’ tuttavia è possibile invece attraverso i medesimi strumenti promuovere positività. Comunicare alle persone che le cose possono andare meglio, che si sta raggiungendo l’obiettivo comune, che c’è speranza, fornisce senso e significato ai sacrifici compiuti e le motiva ad andare avanti.

Per far fronte alle conseguenze dell’impatto psicologico che l’emergenza coronavirus ha, il team PEOPLEwellBE propone SPORTELLO BENESSERE, un progetto che si pone l’obiettivo di supportare a livello psicologico tutti quei lavoratori e lavoratrici che stanno attraversando momenti di difficoltà, sia a livello di disagio personale che professionale, che hanno ripercussioni sulla vita privata e nel mondo del lavoro. Si tratta di una consulenza breve, con finalità non terapeutiche, quindi non è da intendere come una terapia online. Ogni lavoratore ha a disposizione tre sessioni della durata di cinquanta minuti circa all’interno dell’anno solare che effettuerà con la psicologa di riferimento.